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Sono al 170° turno e uso Sparta difficile/difficile.
Ho voluto provare la versione liscia con le sole mod per zommare in alto la mappa e per raddoppiare i turni.
Patch 11.
INTRODUZIONE
Dopo essersi assicurata la stabilità in Grecia alleandosi con Macedonia e Atene e conquistando l'Epiro, Sparta decide di aiutare Siracusa entrando in guerra con la Libia che la sta attaccando. L'obiettivo primario è in realtà quello di mettere piede nella ricca Sicilia sperando che Siracusa cada in mano libica per poi essere riconquistata dai prodi spartani. Le cose però vanno diversamente e i siracusani riconquistano la regione e la città con l'aiuto in battaglia dei mantelli rossi che, avendo ormai spostato il loro esercito, decidono di inseguire i fuggitivi libici in terra africana dopo aver interpretato le parole di un oracolo:”La sabbia è d’oro se il greco è di bronzo”.
GUERRA PUNICO LIBICA
Cartagine, alleata del regno libico, si prepara all’invasione e sposta i suoi eserciti verso le coste nord africane.
Dopo lo sbarco, avvenuto senza disagi grazie alla lontananza delle flotte nemiche, il coraggio di Sparta è messo a dura prova dalla superiorità numerica del nemico, dal calore insopportabile per gli opliti pesantemente corazzati e dai pachidermi da guerra schierati sul campo dai nemici.
Dopo due cruentissime battaglie tra le dune del nord Africa, le sabbie del deserto si impregnano del sangue punico e libico. Per la prima volta gli africani assaggiano il ferro di Sparta, pentendosene.
Il tempo per riorganizzare un esercito non basta ai cartaginesi. I libici hanno perso gran parte del loro contingente e non possono opporre più alcuna resistenza, così i mantelli rossi avanzano verso la capitale punica pur avendo anch’essi subìto molte perdite. La ricca e gloriosa città cade dopo un lungo assedio e un assalto finale. La superiorità navale africana non è bastata a fermare la conquista lacedemone e così anche gli ammiragli cartaginesi perdono fiducia evitando lo scontro. Fino a che, dopo essersi riuniti con le ultime navi alleate libiche, tentano un blocco navale a Cartagine che si traduce in una disfatta grazie al sopraggiungere della prima vera flotta spartana: “I tritoni di Sparta” guidata da Clonio.
Attraverso la superiorità navale nel mediterraneo centrale vengono conquistate anche Lylibaeum in Sicilia e la fiorente grande città di Karalis in Sardegna. Dopo pochi anni dallo sbarco Sparta possiede l’intera provincia d’Africa insieme alle sue opulente città della costa.
Grazie alle ricchezze acquisite Sparta ora può incentivare la ricerca tecnologica e rinforzare l’esercito e la flotta.
SITUAZIONE GEOPOLITICA
In questo momento la situazione geopolitica internazionale vede il “blocco occidentale” formato dalla Grecia (Sparta, Atene, Macedonia), Siracusa, Roma e alcune popolazioni barbare “ellenizzate” come gli Aridei, contrapposto al “blocco orientale” formato principalmente dal Ponto in fortissima espansione, Nabatea, Persia e Armenia. In Spagna e nell’Africa non spartana la situazione è molto frammentata, con le diverse popolazioni che si scontrano, ma senza che nessuna riesca a prevalere sulle altre. Le terre della Gallia e del nord Europa sono ancora sconosciute e inesplorate dagli spartani, ma pare che l’agguerrito popolo gallico degli Arverni stia conquistando sempre più territori.
L’ESPANSIONE A EST
Grazie alle precedenti vittoriose campagne contro Cartagine, Libia e Garamantia, Sparta ora gode di una certa reputazione presso le corti straniere. Ottiene quindi senza troppe difficoltà la firma di patti di non aggressione con le fazioni confinanti a ovest e può così impiegare tutte le forze militari di cui dispone in Africa per la conquista della ricchissima provincia di Libia più a oriente. Una volta stabilizzata la situazione nelle zone più instabili della provincia d’Africa grazie all’invio di religiosi, diplomatici e personale amministrativo, Sparta inizia la sua espansione verso est scontrandosi con la bellicosa ma molto poco organizzata popolazione dei Nasamoni, sfruttando il loro indebolimento causato dal conflitto con l’Egitto tolemaico. Partecipando alla guerra Sparta ottiene anche generose elargizioni in denaro dal Faraone che rimpinguano le casse dell’erario e con cui vengono arruolati elefanti da guerra africani comandati da mercenari. I due eserciti greci schierati in Libia occupano gli insediamenti minori quasi senza subire perdite e incontrando pochissima resistenza. Gli unici scontri degni di nota della guerra nasamonica (?) sono l’assalto alle mura di Cirene durante un uragano che sembrava voluto da Zeus in persona e la grande battaglia tra le palme di Marmarica nella Libia orientale dove l’esercito spartano, coadiuvato da un piccolo contingente egizio, elimina definitivamente le speranze di resistenza dei Nasamoni. La Libia è spartana.
Sparta non vuole interrompere il suo slancio espansionistico e la debolezza militare del Faraone causata da anni di guerre è un’occasione troppo ghiotta per non essere sfruttata. Le forti differenze culturali tra spartani e tolemaici avevano impedito la stipulazione di trattati ufficiali tra i due popoli e proprio questo permette a Sparta di aggredire ciò che resta del regno dei Faraoni senza subire conseguenze diplomatiche rilevanti. Lo scontro è breve. I soldati egiziani tremano sul campo di battaglia alla sola vista degli Hoplòn spartani che scintillano illuminati dai raggi di Amon Ra. Dopo qualche scaramuccia e l’assalto finale di Alessandria la conquista dell’Egitto può dirsi completa.
Per evitare di sprecare risorse per terre poco ricche come quelle a sud dell’Egitto, Sparta decide di rendere stato cliente il più vicino popolo dei Blemmi e di firmare patti di non aggressione con le altre popolazioni che vivono in quell’area: Axum e Meroe.
La polis adagiata sulle alture della Laconia ora possiede un vastissimo e ricchissimo territorio che si estende da Cartagine fino ad Alessandria. Le fertili sponde del sacro fiume Nilo, le immense piramidi di Giza, il santuario di Amon, il faro e la biblioteca di Alessandria ora sono tutti tesori nelle mani di Sparta. La cultura greca si sta diffondendo mentre il commercio, mai amato dagli spartani, sta cedendo il passo allo sviluppo dell’agricoltura e alla costruzione di edifici religiosi e amministrativi.
SITUAZIONE GEOPOLITICA
A est i due “blocchi” sono sempre più marcati: le polis greche insieme con Roma, Siracusa e Aridei si oppongono alle potenze orientali di Ponto, Armenia, Persia e Nabatea. Uno scontro diretto tra uno di questi regni causerebbe un effetto domino micidiale che scatenerebbe una guerra “mondiale”. Al momento la situazione è ancora di “guerra fredda”.
I romani nel frattempo sono sbarcati sulle coste orientali della Spagna proseguendo la loro guerra con Cartagho Nova e coadiuvati da Siracusa che, invece, invade il meridione della penisola iberica conquistando Gadir e Kartuba. Pare che la popolazione gallica degli Arverni abbia il controllo del sud della Gallia e si stia espandendo verso il nord della Spagna e le isole baleari. A ovest quindi la situazione è molto più frammentata e i popoli iberici non sembrano volersi arrendere facilmente ad altre dominazioni.
VERSO IL MEDIO ORIENTE E L’ARABIA
Nei piani di Sparta il conflitto con il regno di Nabatea, appartenente al “blocco orientale”, dovrebbe iniziare dopo aver stabilizzato la situazione a livello militare e di ordine pubblico nel nord africa ormai completamente occupato, ma non va così. I nabatei infatti, essendo alleati difensivi del Faraone, hanno dichiarato guerra a Sparta subito dopo l’aggressione all’Egitto. Essendo però intimoriti dalla fama degli spartani sul campo di battaglia, decidono di non invadere l’Egitto e temporeggiano con i loro eserciti all’interno della regione di Gerusalemme al di la del mar Rosso; perdendo così l’attimo giusto per un’incursione visto che Sparta si sta riorganizzando. Dopo anni di campagna africana gli opliti sono diventati esperti e sanno come combattere contro gli eserciti orientali, si muovono quindi compatti e senza indugi verso i territori nabatei. Una delegazione diplomatica viene inviata in fretta e furia al campo spartano poco fuori Gerusalemme per implorare la fine della guerra, ma il Generale Apellicone rifiuta fermamente intravedendo succulente conquiste e la possibilità di espandersi ulteriormente verso est. La battaglia di Gerusalemme è feroce: i nabatei hanno accerchiato i lacedemoni richiamando tutte le forze militari intorno alla loro posizione. Il rapporto di forze è di quasi 4 a 1 a sfavore dei lacedemoni, che si preparano all’inevitabile scontro, quasi vogliosi. All’alba di una giornata ventosa la battaglia ha inizio: le ondate di lancieri orientali si infrangono con un clangore assordante contro il muro di picche spartane eretto su una collina poco fuori la città. Il puzzo e il polverone alzato da centinaia di cammelli nabatei non fa che aumentare la confusione tra le loro fila, mentre gli opliti non fanno un passo indietro pur subendo gravi perdite con il passare delle ore. Le urla di incitamento e le capacità di comando di Apellicone che si muove con rapidità da una parte all’altra del fronte, risultano cruciali per la vittoria. All’imbrunire lo scontro si placa, i cumuli di cadaveri proiettano ombre sinistre sulla sabbia e una lieve brezza marina sembra voler spandere l’odore di morte ovunque per ricordare all’uomo le sue atrocità. Sparta ha vinto.
I nabatei superstiti cercano una via di fuga e Gerusalemme, senza più alcuna protezione militare, cade in pochi giorni. Poco dopo è la volta della ricca e fortificata città di Petra. Hegra e Charmuta sono gli ultimi insediamenti nabatei a cadere nonostante il disperato tentativo di bloccare l’avanzata spartana tendendo un’imboscata in una stretta vallata a sud di Hegra. La Nabatea e le sponde del mar Rosso sono ora proprietà di Sparta e anche Palmyra, al nord, è caduta nelle sue mani.
L’ultimo feroce scontro in medio oriente è contro i Minei che, sapendo di non poter resistere a lungo nella loro capitale Yatrib, escono coraggiosamente a combattere in campo aperto e vengono sterminati. Tuttavia si sono guadagnati il rispetto degli spartani con quel gesto valoroso.
Con le popolazioni dell’Arabia meridionale (Saba e Himyar) viene usata la stessa politica messa in pratica per i regni dell’alto Egitto: essendo terre estreme e poco ricche sarebbe solo uno spreco di risorse occuparle. Inoltre nella zona è utile avere alleati invece che nemici in vista dell’imminente scontro con il “blocco orintale”. Si decide quindi di federare i popoli dell’Arabia del sud : Saba diventa stato cliente e con Himyar viene siglato un patto di non aggressione.
SITUAZIONE GEOPOILITCA
A est i galli Arverni si sono espansi occupando l’Iberia settentrionale, le baleari, sbarcando in nord Africa a Iol e addirittura conquistando anche Dimmidi più a sud. Si sono schierati con il “blocco occidentale” e hanno instaurato buone relazioni con Roma e Siracusa che si dividono la Spagna del sud e l’Italia. Anche il Ponto, che ormai occupa tutta l’attuale Turchia e dei territori in Bosforo e Caucasia, è schierato con l’occidente e forma un ampio cuscinetto con l’oriente dove Persia, Armenia, Asagarta e Drangiana creano un blocco molto compatto ed esteso. Gli Aridei ora controllano un vasto territorio che spazia dalla Tracia all’Illiria fino a parte della Dacia. Per il momento rimangono in buone relazioni con il blocco occidentale a cui si sono aggiunti Cnosso e Rodi e guerreggiano con le popolazioni nomadi del nord.
OLTRE IL GOLFO PERSICO
Il regno di Saba è in guerra con la potenza orientale di Drangiana e questo significa che anche i lacedemoni lo sono. Ben due eserciti nemici sono sbarcati sul corno dell’Arabia sud orientale attraversando l’attuale golfo dell’Oman su enormi vascelli e indisturbati visto che i Saba non possiedono nessuna flotta militare con cui pattugliare le acque dei loro mari. Non appena il Raja di Drangiana viene a conoscenza dell’alleanza di Saba con Sparta ordina ai suoi generali di rientrare evitando lo scontro diretto sul campo in terra nemica che, se perso, lascerebbe il regno indifeso. La fama dei lacedemoni inizia a precederli e loro lo sanno, per cui si muovono a marce forzate da Yatrib attraverso l’Arabia Felix per raggiungere il prima possibile le coste a est, nei pressi della città di Maas-Gat, da dove si vogliono imbarcare gli eserciti nemici per rientrare in patria. Le condizioni di caldo estremo però rallentano la marcia e impediscono agli opliti di raggiungere in tempo il nemico per evitare che salpi. Sparta decide così di usare i territori del regno di Drangiana come testa di ponte per la successiva invasione del “blocco orientale” e fa salpare i suoi due eserciti alla volta delle coste oltre lo stretto di Hormuz. Lo sbarco avviene senza difficoltà. I lacedemoni si riorganizzano rapidamente e partono, sempre a marce forzate, verso nord alla volta della grande città di Harmozia. Pochi giorni dopo, esattamente come accadde ai romani alle forche caudine durante la guerra sannitica, anche gli spartani cadono in una ben organizzata imboscata. Vengono colti di sorpresa mentre stanno attraversando una stretta valle desertica fiancheggiata da un palmeto. Quando i primi opliti si accorgono della presenza del nemico è ormai troppo tardi: da entrambi i fianchi si riversano sulla colonna spartana due fiumi di lanceri seguiti da truppe cammellate e cavalleria leggera. Alla guida dei Prodi Spartani, esercito imbattuto di veterani con più di quaranta scontri all’attivo, si trova Apellicone che non è disposto né a fuggire, né a perdere, da buon figlio di Sparta. Il suo urlo “quadratooo !” è talmente forte da superare il suono dei corni che confermano il suo ordine. I veterani eseguono la manovra come un unico corpo serrando gli scudi e preparandosi al violento impatto. I quadrati oplitici sembrano blocchi unici di lance e bronzo, le ondate di fanteria nemica si infrangono sugli spartani come le onde dell’oceano sulle scogliere irlandesi e ottengono lo stesso risultato: una lieve erosione della superfice. Nonostante il morale basso per le lunghe marce, la stanchezza, l’inferiorità numerica e il caldo atroce i lacedemoni resistono, stanno però iniziando a cedere sotto la gragnuola di sassate dei frombolieri drangiani nascosti nel palmeto poco lontano. Per fortuna la cavalleria cittadina e i reparti numidi mercenari si sono finalmente liberati della controparte nemica e possono caricare le truppe da lancio che tormentano gli opliti. E infatti con una perfetta manovra a tenaglia vengono spazzati via in poco tempo. Non avendo più le spalle coperte e udendo le grida di disperazione provenienti dal palmeto, gli ultimi reparti di fanteria drangiana crollano e fuggono dal campo inseguiti dai feroci cavalieri greci che li finiscono o li catturano. Una vittoria certa si è trasformata in una disfatta. I veterani di Apellicone hanno vinto ancora. La notte dopo lo scontro vengono organizzati i riti funebri per gli eroi caduti sul campo e mentre le pire bruciano creando serpenti di scintille che crepitano verso l’Olimpo, gli spartani cantano e bevono per onorare un’altra grande vittoria.
Le spie giunte in supporto da Saba informano che adesso la strada verso Harmozia è sgombra. Giusto il tempo di smaltire la sbornia di vino speziato e birra fermentata, poi via: verso nord.
I tori alati che vigilano sulle porte di Harmozia assistono impotenti all’assalto lacedemone: torri d’assedio e scale rendono inutili le possenti mura della città e così i mantelli rossi si riversano al suo interno rimanendo colpiti più che dai nemici, dalla bellezza degli edifici e dei templi, dai coloratissimi mosaici e dalle piscine ornate da piante esotiche e marmi. Proprio come fu per Alessandro la vista di Babilonia, anche per Apellicone e i suoi uomini incontrare quella cultura fu sorprendente e affascinante.
Le ripetute richieste di pace da parte del regno di Drangiana rimangono inascoltate e così la provincia di Gedrosia viene interamente conquistata dopo due feroci battaglie. I pochi nemici sopravvissuti si spostano verso i territori drangiani a nord, oltre il regno di Asagarta. Una volta ottenuto il controllo di Harmozia e della Gedrosia Sparta accetta di firmare la pace e si dedica alla stabilizzazione dei nuovi territori in previsione della futura avanzata.
SITUAZIONE GEOPOLITICA
Persia, Asagarta, Armenia e Drangiana formano un compatto ed esteso blocco cultural-territoriale. Il Ponto governa un vasto territorio che va oltre i confini dell’odierna Turchia e ha finalmente rotto gli indugi dichiarando guerra all’Armenia e svolgendo il ruolo di cuscinetto tra oriente e occidente. Gli Arverni a est sono in perenne espansione e hanno iniziato una guerra contro le popolazioni dei Lugi e dei Suebi nel centro-nord europa, avvicinandosi molto a Roma visto che anche lei li sta combattendo. Gli Aridei ormai estendono i loro confini dalle coste illiriche fino al Mar Nero, dalla Tracia alla Dacia verso nord, mantengono relazioni amichevoli con il blocco occidentale e combattono i popoli nomadi delle steppe.
ATTACCO A SORPRESA
Il 181 a.c è un anno decisivo: improvvisamente e senza alcuna motivazione politica né militare, l’ormai esteso regno degli Aridei decide di dichiarare guerra a Sparta! I lacedemoni sono colti alla sprovvista e non riescono a organizzare una resistenza in tempo per salvare Apollonia, che cade in men che non si dica nonostante l’eroica lotta dei giovani spartani in difesa della loro città. Gli Aridei sono convinti di poter sopraffare facilmente la Laconia indifesa, ma hanno sottovalutato sia la disponibilità dell’erario di Sparta (che ormai è una potenza anche economica) che l’offerta di ottime truppe mercenarie su suolo greco. Sparta raduna così un potente esercito, formato principalmente da mercenari, prima che Larissa possa essere cinta d’assedio dagli invasori. E’ importante resistere visto che la capitale lacedemone non è lontana e sia Atene che la Macedonia hanno deciso di non schierarsi con nessuna delle due parti, anzi propendono per favorire i barbari e non si vogliono schierare contro di loro.
Lo scontro è durissimo: gli Aridei attaccano praticamente da ogni angolo, ma le truppe mercenarie formano delle compatte falangi nelle vie della città che impediscono al nemico di sfondare e avvicinarsi al centro cittadino. Proprio quando i soldati stanno per cedere, il generale lacedemone suona il suo corno di guerra e fa partire la carica di cavalleria. I nemici, anch’essi stanchi e moralmente provati dopo aver tentato un’ultima disperata manovra avvolgente, cedono dopo l’urto di centinaia di destrieri al galoppo. Inizia una scomposta ritirata e i fuggitivi vengono catturati o massacrati sul posto per essere depredati dai voraci mercenari sopravvissuti. Larissa a sera è rosso sangue, ma è ancora spartana. Il monte Olimpo non è caduto in mano dei barbari e Sparta per il momento è salva.
Clonio, ammiraglio della più grande flotta lacedemone “I Tritoni di Sparta”, salpa immediatamente da Alessandria per raggiungere le coste greche il prima possibile e impedire uno sbarco dal mare in Laconia degli Aridei. La stessa cosa fa la flotta di stanza a Cartagine, appena in tempo visto che la numerosa flotta barbara sta muovendo verso sud salpando dalle coste illiriche.
Dopo essersi riorganizzato, l’esercito di mercenari assoldato da Sparta marcia verso Apollonia, rimasta praticamente indifesa dopo che il grosso delle forze aridee è stato annientato durante la difesa di Larissa. La vendetta è tremenda, i pochi uomini della guarnigione che non scappano vengono massacrati e impiccati lungo le strade che si dirigono verso gli ostili territori del nord.
Sparta ha riconquistato ciò che aveva perso in poco tempo ed ora è tempo di contrattaccare picchiando duro: l’obiettivo è la grande e opulenta città italica di Brundisium che è stata occupata dagli Aridei. E’ una grande occasione per aumentare ulteriormente estensione e ricchezza della polis lacedemone visto che fino a poco tempo prima Brundisium era siracusana, quindi alleata e non attaccabile.
Il primo grande scontro si verifica nelle acque del mare Ionium. Le due flotte spartane (di Alessandria e Cartagine) si congiungono pochi kilometri a sud delle coste pugliesi e sono subito intercettate dalla nutrita schiera di navi nemiche che pattuglia la zona. E’ un epico scontro navale: si fronteggiano moltissime navi e nel cielo volano dardi infuocati sibilando da ogni parte, l’acqua è scossa e sbattuta da migliaia di potenti remi sincronizzati, il frastuono dei rostri che squarciano le fiancate è assordante, l’aria è satura di urla dei soldati che arrembano e lottano. Poseidone assiste divertito al massacro fino a sera quando, grazie alla maggiore esperienza degli equipaggi e ad alcune potenti navi di ultima generazione, Sparta vince anche sul mare. Il poco che resta della flotta nemica si dirige verso nord alla ricerca di un porto sicuro.
Gli alleati siracusani, ringalluzziti dalle vittorie di Sparta che hanno indebolito i loro nemici, spostano tutte le loro forze di terra verso Brundisium per porla sotto assedio. Si crea così una situazione di stallo visto che i siciliani non hanno forze sufficienti per assaltare la città e i difensori non ne hanno per rompere l’assedio. Ancora una volta e senza indugi Sparta prende la decisione più aggressiva muovendo la sua potente flotta militare verso Brundisium per vibrare il colpo finale alla ricca città italica in mano aridea. L’assalto coordinato via terra e via mare è spettacolare: le mura vengono tartassate dai colpi di artiglieria dei vascelli spartani, le torri abbattute e gli edifici incendiati; nel frattempo gli opliti siracusani attaccano le porte e la cinta muraria. Non appena viene sfondata la prima entrata le cavallerie taratine fanno irruzione caricando e sciamando per le strade della città, seguiti a poca distanza dalle falangi oplitiche. Intanto, con una manovra a tenaglia, i lacedemoni conquistano il porto e sbarcano alcune truppe per chiudere in una morsa i difensori rimasti.
La capitale della provincia di Magna Grecia è caduta. Avendo gli spartani iniziato l’attacco la conquista spetta a loro. La flotta ora può essere rinforzata e riparata nel grande porto italico e, avendo ripreso anche Apollonia, Sparta controlla l’imboccatura del Mare Adriaticum impedendo qualsiasi transito navale non voluto.
Con la Grecia fuori pericolo e Brundisium sottratta agli Aridei è finalmente arrivato il momento di organizzare la vera vendetta: l’invasione e la conquista della Tracia, ancora completamente in mano nemica.